Lo spettacolo racconta l’epopea dell’avventuriero irlandese Brian Sweeney Fitzgerald, detto Fitzcarraldo, vissuto tra fine dell’800 e i primi del 900, che perseguì il folle progetto di costruire un teatro dell’Opera in mezzo alla foresta amazzonica. Spinto da questo irrinunciabile sogno, il temerario imprenditore ingaggia un equipaggio di squattrinati marinai alla ventura. L’impresa li porta attraverso territori ancora inesplorati e diventa subito romanzo picaresco, letteratura di viaggio, tra epica e teatro. In un mondo primitivo ancora pieno di mistero, la voce di Enrico Caruso si diffonde attraverso un vecchio grammofono che viaggia lungo il fiume come fosse la polena del battello a vapore che li trasporta. La musica incanta tutti, nativi e avventurieri, inaspettato lenimento alla durezza di una vita in una terra ostile nella quale, narrano i miti indigeni, Dio stesso ha lasciato incompiuta la sua opera di creazione.
Tra invenzione letteraria e biografia storica, i detenuti attori protagonisti raccontano la precarietà di una vita sempre a rischio tra lo sbando e l’avventura ma anche l’umiltà e la capacità di saper scommettere sull’ignoto. L’ossessione di un visionario diventa sogno condiviso. Citando Herzog, che alla vicenda di Fitzcarraldo dedicò il celebre film del 1982, possiamo davvero affermare che “i grandi sogni muovono le montagne”. Metafora dell’aspirazione a contaminare un luogo ancora per tanti versi “inesplorato” come il carcere, attraverso la poesia e la bellezza.
La Compagnia dei liberi artisti associati Rebibbia ha vinto il Premio Anima 2009 nella categoria teatro con l’opera “Dalla Città dolente”.
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