W ow! Mi promuovono. Però… Però, anche se faccio le stesse cose di Piero che sta nella stanza accanto lo stipendio non sarà lo stesso.
E, poi… Se i bambini hanno bisogno? Ha senso mettere la vita a soqquadro per fare un passo in più? Forse, chissà.
La linea di partenza li/le vede in 100: 54 uomini e 46 donne. Ma quando arrivano in fondo, alle cariche più ambite di un’azienda, quelle di chi ha in mano le decisioni vitali, i 100 «concorrenti» iniziali sono diventati 81 uomini e 19 donne; e non perché abbiano cambiato sesso (non nel senso tecnico del termine, almeno). È che le altre donne si sono perse per strada: a ogni gradino da salire qualcuna è rimasta giù, sostituita da un uomo.
Un po’ anche per colpa delle donne. Meglio, per i loro sensi di colpa, per la sensazione di non potercela fare, conseguenza di comportamenti e stereotipi che continuano ad agire in tutti e tutte. «A ogni livello le donne sono meno interessate a diventare top executive e chi ne ha la volontà è meno convinta degli uomini di potercela fare», dice uno studio di McKinsey pubblicato in questi giorni. Ultimo di una serie di analisi stilate da varie organizzazioni e istituti che da tempo indagano il rapporto tra donne e lavoro per cercare di vedere i cambiamenti e che, puntualmente, mettono in luce le disparità e la lentezza nel cammino verso la parità. A meno che non vi siano forzature volute, come ha evidenziato il recente studio di Credit Suisse secondo il quale sono tutti in Europa i Paesi con la maggior presenza di donne in cda e l’Italia è al quarto posto. Ma in Europa sono le leggi che assicurano le quote di genere.
Il rapporto McKinsey si intitola Women in the workplace e analizza la situazione americana per aiutare le aziende a mettere in campo le misure necessarie a promuovere il talento, e le conseguenti carriere, femminili. Nonostante si parli di una realtà avanzata e dove le donne hanno in gran parte smesso di farsi condizionare da attività domestiche come la cura della casa, che occupa molto del tempo giornaliero extra lavoro censito ogni anno dall’Istat, la situazione non cambia.
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