L’inserimento lavorativo delle persone disabili nel nostro Paese è regolato in primo luogo dalla legge 68 del 1999, che supera la precedente legge 482 del 1968, privilegiando il più flessibile concetto di collocamento mirato rispetto a quello di collocamento obbligatorio, che non riservava la dovuta attenzione alle competenze e abilità residue del lavoratore disabile. Al contrario, con la normativa del 1999 (oggi modificata dal decreto legislativo 151/2015), il legislatore pone il soggetto con disabilità al centro di un percorso teso a favorirne l’inserimento lavorativo attraverso l’istituzione, a livello regionale e provinciale, di servizi finalizzati alla programmazione, all’attuazione e alla verifica degli interventi a favore dei beneficiari di tale provvedimento.
Esattamente due anni fa l’articolo 1, comma 166, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, ha attribuito all’Inail competenze in materia di reinserimento e integrazione lavorativa delle persone con disabilità da lavoro, da realizzare con progetti personalizzati mirati alla conservazione del proprio impiego o, in alternativa, alla ricerca di una nuova occupazione. Nel luglio del 2016 l’Inail ha raccolto le sollecitazioni del legislatore approvando il “Regolamento per il reinserimento e l’integrazione lavorativa delle persone con disabilità da lavoro”, il cui fine è appunto quello di disciplinare in fase di prima attuazione della normativa citata gli interventi mirati alla conservazione del posto di lavoro degli infortunati e tecnopatici, nella stessa o in altra mansione compatibile con le condizioni psicofisiche del soggetto colpito da infortunio o malattia.
Nel 2009 l’allora ministero del Lavoro, della salute e delle politiche sociali ha introdotto il ruolo del “disability manager”, confermato dal decreto legislativo 151/2015 e successivamente previsto anche nel Programma d’azione biennale sulla disabilità. Questa particolare figura, che a fine novembre è stata al centro di un convegno organizzato a Milano da Ibm e Associazione pianeta persona in cui sono state presentate le esperienze dell’università ospitante (Politecnico di Milano) e di alcune eccellenze delle imprese italiane (San Paolo Imi, Ibm e Tim), comincia a trovare spazio nelle aziende per favorire il collocamento ottimale dei lavoratori. Si tratta, indubbiamente, di un istituto interessante, che potrebbe contribuire nei fatti alla reale integrazione delle persone con disabilità nel mondo del lavoro, ma la cui diffusione necessita, soprattutto presso le realtà medio-piccole, di un cambiamento culturale che affianchi la previsione normativa. Occorrono soprattutto sensibilità e disponibilità da parte dei datori di lavoro pubblici e privati. E un cambio di ottica che individui finalmente nella persona disabile una risorsa, coniugando il binomio disabilità e lavoro in termini di opportunità sia per il lavoratore, sia per il mondo produttivo.