Incontro con la presidente del gruppo Fs. Far crescere la presenza femminile in un’azienda dove sono richieste competenze specifiche non è impossibile. Tra campagne per avvicinare le ragazze alle professioni tecniche e piattaforme per condividere le buone pratiche, l’itinerario è tracciato. Per arrivare pronti al 2020: anno in cui la Ue chiede l’uguaglianza in tutti i campi.
Per la presidente (formula scelta dopo molte riflessioni, quindi non chiamatela presidentessa) di Ferrovie dello Stato Gioia Ghezzi i numeri contano parecchio. Anche quando non le piacciono. Per esempio, quel 14,9% di donne nel gruppo (2,7% nella manutenzione e 0,8% fra chi guida i treni) proprio non le va giù. «Sarebbe difficile essere soddisfatti per un’azienda come la nostra, che ha 70mila dipendenti (il 40% di quelli laureati sono ingegneri, ndr) e dovrebbe dare l’esempio al Paese in fatto di parità — riflette Ghezzi —. Ma possiamo fare tanto, e in parecchi modi».
Gli step
Ad esempio si può partecipare alla piattaforma «Ue Platform for Change», siglata settimana scorsa a Bruxelles da Fs insieme a istituzioni e altri operatori ferroviari, per condividere iniziative e misure a favore della parità di genere e mettere a fattor comune le best practice adottate.
Fs porterà sul tavolo il suo ampio programma Women in motion, lanciato un anno fa: «Abbiamo raggiunto duemila studenti in 40 scuole, medie e superiori: le nostre emissarie hanno raccontato cosa significa intraprendere una carriera tecnica, quella della manutentrice di treni o dell’ingegnere dei trasporti — racconta Ghezzi —. E ora tre neodiplomate sono in stage in azienda per studiare l’infrastruttura ferroviaria». Da pochi giorni il progetto, sotto il nome di Bet she can (scommetti che ce la farà, ndt), è allargato anche alle elementari, per far conoscere alle bambine le materie scientifiche e i relativi mestieri, «perché il bias è forte e le ragazze, spesso, si auto-deselezionano da certi settori e ruoli».