Il non profit che si richiama alla cultura dell’artigianato e si propone come strumentale alla sua diffusione è un universo difficile da raccontare, un po’ come la notizia dell’uomo che morde il cane, perennemente in auge nei corsi di giornalismo, ma ben rara nella realtà quotidiana. Le attività senza scopi di lucro e la sfera del profitto restano mondi lontani e diversi, solo in parte intermediati nell’ultimo mezzo secolo dal cosiddetto non profit produttivo, che fornisce beni o servizi di pubblica utilità, in una prospettiva di bene comune. È pur vero che le terre di mezzo si sono dilatate ei confini vengono ora riscritti con il fondamentale contributo della tecnologia, mail passaggio da una dimensione all’altra resta pur sempre critico.
La difficoltà, poi, aumenta ulteriormente quando si parla di artigianato anziché, più in generale, di cultura d’impresa. In questo caso, infatti, non può essere invocato a soccorso, senon in piccola parte, il fondamentale apporto della filantropia istituzionale e delle fondazioni d’impresa. I veri giganti del non profit contemporaneo hanno focus solitamente larghi – i temi globali che segnano il presente e condizionano il futuro dell’umanità –oppure vocazioni mirate, come ad esempio quella di tramandare il valore di un brand o di una determinata figura di imprenditore.