“Le selezioni”. Fanny La Monica, al telefono, fa una pausa. “Quelle sono state terrificanti”.
Sembra di vederla: impetrita nel ricordo di un’esperienza ad alto tasso di stress nel quartiere generale romano della Pfizer, colosso farmaceutico con sedi in 160 Paesi del mondo. Colloqui con il board americano? Esami del rendimento?
No. Le selezioni di cui parla sono provini. Provini per il coro aziendale.
“Immaginate: la sala conferenze gremita. I colleghi seduti, il maestro che ti chiama e tu, stonata come una campana devi presentare un pezzo di Tracy Chapman. Ancora ho i brividi. Mio marito non era statao incoraggiante “La vedo dura”, mi diceva. Però poi, incredibilmente mi hanno preso”.
Fanny guida la comunicazione di Pfizer Italia (ed è Consigliere di Anima per il sociale nei valori d’impresa). Segni particolari: contralto. Andrea Vigorita, capo delle relazioni esterne, è un basso solista.
Sono in trenta. Si ritrovano dopo il lavoro in una sala messa a disposizione dell’ufficio, due ore, ogni lunedì cascasse il mondo. Le gerachie aziendali saltano, impera la democrazia musicale.
“Pfizer da sempre sostiene iniziative benefiche. In questo caso – spiega Vigorita – il lavoro era interno”. Puntava a superaregli steccati in un’azienda che in italia ha 3 mila dipendenti, di cui 300 nella base romana diventata “pilota” per il percorso. Era il 2016.
“Il progetto dedicato all’inclusione ha fatto centro”. Oggi il coro è un mezzo sociale anche rivolto verso l’esterno: si esibisce a scopo benefico, come appena avvenuto a Casa Betania, comunità in cui manager e impegati hanno regalato agli ospiti – soprattutto mamme e bambini in difficoltà – una serata diversa. Il coro della multinazionale non nasce dal nulla.