La proposta di legge per prorogare le quote di genere nelle società quotate, presentata ieri in Parlamento dalla prima firmataria Cristina Rossello (FI), ha ottenuto firme bipartisan, da FI al Pd e a Leu, compresi Lega e 5 Stelle. E non perché le donne amino avere delle «riserve». Anzi, sarebbero ben più contente di essere considerate per le proprie competenze, tuttavia — siccome questo non succede — servono ancora strumenti che spingano forzatamente verso la parità, come hanno spiegato Maria Stella Gelmini e Mara Carfagna (FI).
Non è solo una questione di diritti civili, ma un tema di economia visto che i Paesi a maggior tasso di partecipazione femminile sono anche quelli che vanno meglio, come ha ricordato Pier Carlo Padoan (Pd). E l’Italia ne ha un gran bisogno. La legge, approvata nel 2011 per iniziativa delle allora parlamentari Lella Golfo (Pdl) e Alessia Mosca (Pd) — presenti ieri alla conferenza stampa —, ha permesso di portare la percentuale di donne nei consigli di amministrazione dal 6 al 33,5%. La situazione però non si è assestata e la cultura non si è modificata in modo permanente. Diversi segnali sul mercato dicono che, quando la legge terminerà i suoi effetti, potrà esserci un passo indietro. Si sta già vedendo.