Se stai nei luoghi, sul territorio, sei a rischio di spaesamento ed euforia. Mai come oggi la parola territorio è usata e abusata. Se guardi in alto verso l’Europa geoeconomica e geopolitica ti senti spaesato. Con la Via della Seta che arriva e l’avvicinarsi delle elezioni europee. Se guardi in basso, alla terra, ti prende un’euforia da ecologia della mente assieme a milioni di giovani che – era ora – fanno propria la questione ambientale.
Troppo per mettere in mezzo alla geoeconomia un microcosmo nell’Europa delle pluridentità che non riguardano solo la politica, ma anche le economie. Perché, come ci ha insegnato Fernand Braudel, sono plurali anche i capitalismi nati nelle lunghe derive della civilizzazione. Occorre alzare lo sguardo. Nell’isola una volta capitale di un impero vediamo la Brexit. Con il suo modello anglosassone che ha nella City il simbolo dei mercati finanziari dove le imprese sono una molecola del capitale.
Il racconto del capitalismo renano, con il suo surplus nell’export in rallentamento che ci preoccupa non solo come subfornitori, ma anche per la tenuta di un modello: grande impresa, grande banca, grande sindacato e cogestione al vertice. Così come ci confrontiamo con i cugini francesi e i loro campioni nazionali sostenuti da una statualità agente, vedi Luxottica e Fincantieri, e temiamo di fare la fine della Parmalat con Lactalis.
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