C’è l’oratore sul podio di fronte ai microfoni che blatera e urla contro gli altri in uno spot animato in bianco e nero. «Nessuno si è mai permesso di contraddirmi — commenta —. Sono grande!». Invece una vocina da sotto gli ricorda «Non sei grande. Sei solo» e poi arriva il claim: «Rispetta chi non la pensa come te». Era il 1973 e gli italiani, certificano i sondaggi dell’epoca, non davano molto valore al «rispetto delle opinioni altrui». L’anno prima era toccato all’ambiente, con le immagini di un’agiata cena borghese in cui i commensali, discutendo dei giovani d’oggi, riempiono di rifiuti e resti della tavola il soggiorno: «In casa vostra non vi comportereste mai così, vero? — chiede la voce fuori campo —. E allora perché quando siete nei boschi o nei prati vi comportate così? Il verde è tuo: difendilo!».
Dà una strana vertigine, estraneità e familiarità insieme, vedere oggi le campagne inaugurate quasi mezzo secolo fa da Pubblicità Progresso, la «fondazione per la comunicazione sociale» così famosa da essere diventata, da sola, uno slogan: «Alcune — sintetizza Alberto Contri, 75 anni tra due giorni, presidente uscente dell’ente — potrebbero andare bene anche oggi».