Solo il 4% degli amministratori delegati delle società quotate in Piazza Affari è donna. Troppo poco. La guida in mani femminili aggiunge una caratteristica in più, nel saper coniugare dimensioni diverse dell’intelligenza e della passione. Bisogna fare di più. “Le donne stanno al loro posto”, proclama lo slogan d’una vistosa pagina di pubblicità, apparsa la scorsa settimana su alcuni quotidiani di grande diffusione. Un asterisco rinvia alla spiegazione di quale sia il posto di cui si parla: “Nei consigli di amministrazione”.
La pagina, curata da ValoreD (un’associazione che da tempo promuove un’impegnativa battaglia culturale ed economicacontro i divari di genere), aggiunge che “solo nel network di ‘InThe Boardroom di ValoreD’ sono più di 500 le manager e le professioniste di talento che possono sedere al posto che meritano. Oggi si è scelto di promuovere l’equità e la parità di genere, accelerando lo sviluppo economico sostenibilee una cultura di valorizzazione delle diversità”.
L’iniziativa di ValoreD va avanti da parecchi anni. Ha avuto una particolare visibilità ancora di recente, nei giorni in cui una delle maggiori imprese pubbliche, la Cassa Depositi e Prestiti, è stata bloccata nelle procedure di rinnovo dei vertici perché negli ambienti di governo non si trovava un accordo che tenesse nel giusto conto i nomi di donne da eleggere nel consiglio d’amministrazione (dopo momenti di tensione, l’accordo è finalmente arrivato). Ma, cronache contemporanee a parte, l’impegno continua perché “sulla parità di genere si sono fatti passi avanti ma la strada è ancora lunga” e “in Piazza Affari (nelle società quotate in Borsa, cioè) è donna solo un manager su 5”, anche perché “il ribilanciamento dei generi dev’essere accompagnato da un ricambio generazionale, che soprattutto nelle aziende europee è molto più lento che negli Usa e in Asia”.