Diritti umani, lotta alla povertà, accesso al cibo, tutela dell’ambiente. In due parole, sviluppo sostenibile. Un traguardo (ambizioso) posto alla fine di una dura corsa contro il tempo. Le tappe da segnare sono raccolte in un grande programma di azione, la scadenza prevista per il 2030.
Lo sviluppo sostenibile è un percorso fatto di obiettivi comuni a cui tutti sono chiamati a partecipare. Ma nonostante l’impegno profuso da più parti, non tutti gli attori coinvolti sono protagonisti allo stesso modo.
GlobeScan e SustainAbility sono due istituti americani che hanno recentemente pubblicato un’indagine basata sui pareri di quasi mille tra esperti, influencer e ricercatori. Il tema affrontato riguarda la leadership globale nello sviluppo sostenibile. Dai quattro continenti del mondo la risposta arrivata, inequivocabile, è che sono le ong le prime protagoniste di un’inversione di rotta già iniziata, ma che ancora fatica a segnare un cambiamento tangibile.
E’ ben il 57% degli intervistati ad aver insignito le ong del ruolo di leader nello sviluppo sostenibile. Seguono sulla lista gli imprenditori sociali, i movimenti, le Nazioni Unite e solo alla fine i governi (6%). In mezzo, con un ruolo di rilievo, c’è il privato profit (34%).
Nei confronti dei leader politici è riposta ancora poca fiducia. Anche se alcuni escono meglio di altri. E’ il caso dei governi del nord Europa quali Svezia, Germania, Danimarca, Norvegia e Olanda, indicati come tra i Paesi più impegnati nella promozione di politiche di sostegno per il raggiungimento degli obiettivi dell’agenda 2030.