L’innovazione può essere sostenibile? Quale può essere la connessione tra innovazione e sostenibilità? Da dove si può partire per conservare la tradizione ma valorizzare anche le novità? Difficile rispondere, tanto che ci hanno provato imprenditori e manager di lungo corso, uomini di cultura e del mondo accademico internazionale, ma anche «semplici» studenti, come quelli del Master Imlux del Mip, vincitori del «contest» voluto da Prada. Tutti messi a confronto durante il convegno («Shaping a creative future») organizzato dal gruppo Prada, dal Politecnico di Milano School of Management e dalla Yale School of management.
Un primo esempio di innovazione e tradizione? La digitalizzazione delle Poste, raccontata da Francesco Caio, probabilmente alla sua prima uscita quasi-pubblica da ex chief executive officer del gruppo. Il digitale, ha sostenuto, è stato il vero «meccanismo di rottura» per l’azienda che ha diretto negli ultimi anni. Una visione precisa, che tuttavia un leader aziendale deve aver ben chiara, perché, come ha detto Gaetano Miccichè, presidente di Banca Imi, è suo compito «valorizzare e mettere in evidenza le migliori caratteristiche di un’azienda». Senza dimenticare che «la creatività, la sostenibilità e la performance economica sono valori che definiscono un’azienda di successo». Concetti risuonati anche nelle parole del presidente della spagnola Seat, Luca De Meo: se la cultura non si può copiare ed è ciò che attrae e trattiene i talenti, «le idee chiare sono importanti per realizzare profitti». Ne è consapevole, ad esempio, il settore del fashion: il presidente della Camera della Moda, Carlo Capasa, ha ricordato la «road map» avviata dai gruppi del lusso come Kering, la stessa Prada, LVMH, per una maggiore attenzione all’utilizzo di materiali riciclabili, che comportino un consumo energetico minore. Ma anche «i consumatori devono cominciare ad avere maggiore consapevolezza di quello che acquistano e devono chiedersi perché un vestito costa meno di un altro e chi ne paga il prezzo», ha spiegato.