Seimilaquattrocentotrentasei… sette, otto…Il contatore dei mecenati italiani, nel sito Art Bonus, segna l’arrivo continuo di contributi per l’arte: restaurare un dipinto, scrostare muri una volta gloriosi, riaprire luoghi dimenticati, far funzionare teatri. Sembra che nella società civile sia nata la voglia pazza di fare qualcosa per il patrimonio collettivo.
Tutti emuli di Diego Della Valle, che con 25 milioni si è intestato il restauro più famoso del pianeta, quello del Colosseo? Della maison Fendi, che accudisce le fontane romane con 2,8 milioni cominciando dalla più fotogenica, quella di Trevi, o di Renzo Rosso, patron di Diesel, che ha rimesso a nuovo con cinque milioni il Ponte di Rialto?
O ancora di Adolfo Guzzini, che ha donato la sua illuminazione prima al Cenacolo di Leonardo, ora alla cappella degli Scrovegni di Giotto? L’esempio conta. E questi super-benefattori alla propaganda vogliono puntare. La folla di mecenati, più della metà semplici cittadini, testimonia il successo dello sconto fiscale inventato dal ministro dei Beni culturali Dario Franceschini: il 65% della cifra devoluta all’arte può essere scontata dalle tasse fino a un certo massimale. In pratica, il bonus lo paga lo Stato, cioè tutti noi. Ecco il boom: il patrimonio artistico e culturale pubblico ha calamitato in circa tre anni 190 milioni. “È una nuova forma di fund raising “, dice Carolina Botti, responsabile del programma Art bonus.