Se la destinazione dei beni diventa centrale per la loro classificazione, può aprirsi la strada per un’ulteriore categoria rispetto a quelle dei beni pubblici (preposti alla realizzazione di un pubblico interesse) e dei beni privati (preposti alla realizzazione di un interesse privato). I beni comuni sono preposti alla realizzazione di un interesse non pubblico e non privato, bensì comune, ovvero di una comunità di persone distinta dalla generalità degli individui.
Assumono dunque un ruolo centrale la comunità e ciascuno dei suoi membri che diventano un centro di imputazione di diritti e interessi e che, assumendo un ruolo di cittadinanza attiva, possono essere coinvolti nella gestione dei medesimi beni con creazione di opportunità di sviluppo e di posti di lavoro. La riscoperta dei beni comuni, di cui si discuterà prendendo spunto dal volume di Gianfrancesco Fidone Proprietà pubblica e beni comuni, presuppone dunque quella delle comunità, che costituiscono corpi intermedi tra Autorità pubblica e singolo cittadino.
Devono essere create le condizioni affinché i membri delle stesse comunità cooperino tra loro e con le Istituzioni. Tale modello appare particolarmente promettente per il settore dei beni culturali e del paesaggio, che spesso identificano e connotano le comunità, nel quale le tradizionali gestioni pubblica e privata hanno dimostrato i loro limiti, da un lato, per la crescente indisponibilità di risorse pubbliche e, dall’altro, per la scarsa remuneratività di tali beni.
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