Le donne rappresentano il 36,1% dei membri del Parlamento europeo. Una percentuale in crescita, anche se ancora lontana dalla parità. Dal 1979 a oggi la percentuale di donne nel Parlamento europeo è stata superiore a quella nelle assise nazionali ed entrambe sono cresciute significativamente.
Le elezioni europee del 2014 hanno introdotto un meccanismo di voto che prevedeva la possibilità di esprimere fino a tre preferenze con l’obbligo, solo in questo caso, dell’alternanza di genere. Al prossimo imminente appuntamento con le urne europee voteremo con un sistema ancora più preciso: si possono esprimere fino a tre preferenze, ma già nel caso di due preferenze espresse, il sesso alternato è obbligatorio, pena l’annullamento della seconda preferenza. Le liste dei candidati di ciascun partito inoltre dovranno rispettare la presenza di metà uomini e metà donne e i primi due candidati nella lista dovranno essere di genere diverso.
Questi meccanismi funzionano. Più donne sono state elette. Dalle elezioni del 2009 a quelle del 2014 la percentuale di donne elette al Parlamento europeo è più che raddoppiata. Un meccanismo simile è stato introdotto con successo nelle elezioni comunali per i Comuni al di sopra dei 5mila abitanti: secondo un recente studio condotto con alcune colleghe, la doppia preferenza di genere, insieme alla presenza di quote di rappresentanza di genere nelle liste dei candidati, nelle elezioni municipali del 2013 ha garantito un aumento di 22 punti percentuali nella proporzione di donne elette nei consigli comunali. Considerando che, secondo recenti sondaggi, una parte dei cittadini italiani non è informata sulle possibilità di voto di preferenza e sull’esistenza della doppia preferenza di genere, gli effetti potenziali di misure simili sulla rappresentanza femminile sono ancora più ampi.
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