Sono trascorsi otto mesi da quando, da più parti in Italia, si è alzata una voce unitaria che chiedeva di avere una rappresentanza di genere paritaria nella gestione dell’emergenza e in tutte le nomine pubbliche, comitati, task force e indicazione di commissari. Una voce che ha avuto una risposta con l’ingresso effettivo di un numero maggiore di donne sia nella task force “Ricostruzione” che nel comitato tecnico-scientifico.
Una risposta tardiva, forse parziale, giacché la task force fu dimessa poco dopo, per fortuna non così presto da non consentire alle donne presenti in maggior numero di vagliare un capitolo dedicato alla parità di genere, dimostrando che qualità e quantità contano, eccome. Alla richiesta di rappresentanza è seguita poi la proposta di dedicare le risorse stanziate dal Next Generation EU alle donne, e la decisione del Parlamento Europeo di vagliare i piani nazionali che accederanno ai fondi con la lente del bilancio di genere, nonostante il percorso accidentato dei fondi europei, è storica.
In sintesi, il mondo sta andando lentamente ma inesorabilmente verso una direzione più equa: ne sia un esempio su tutti l’elezione della prima vicepresidente donna degli Stati Uniti, Kamala Harris. Tuttavia, la luce in Italia è ancora lontana dal venire.
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