Pessimisti sulle chance di trovare lavoro privilegiano però le proprie passioni rispetto agli sbocchi professionali. Gli studenti delle scuole superiori appaiono così secondo la fotografia scattata da AstraRicerche che ha intervistato più di 800 ragazzi tra i 18 e i 19 anni per “Gli studenti e il lavoro che cambia”, un’indagine commissionata da Manageritalia. Se il dibattito sul lavoro, come dimostra la vicenda dei voucher, continua a essere incentrato quasi esclusivamente sui dispositivi di legge che regolano, minore attenzione si dedica ai mutamenti culturali. Li si snobba e invece è necessario monitorare costantemente gli slittamenti della cultura del lavoro per capire meglio come intervenire e orientare le scelte.
Dicevamo del pessimismo: i ragazzi intervistati, con una maggioranza schiacciante del 75, si attendono un incremento dei giovani che emigreranno per cercare lavoro, solo il 36,5 però, si aspetta in parallelo un aumento della disoccupazione giovanile in Italia, mentre il 40% crede che diminuiranno in Italia “i salari d’ingresso”, le retribuzioni del primo lavoro.
Di fronte a questi scenari, secondo i ricercatori, ci si sarebbe potuto aspettare che le scelte relative al percorso di studio fossero diventate più pragmatiche, più indirizzare a massimizzare la possibilità di trovare lavoro. E invece no, “regna l’incoerenza”. Il percorso di studi è scelto in base alle proprie capacità e preferenze piuttosto che scommettendo sugli sbocchi professionali. Il 54,7% si fa guidare “molto” dalle proprie passioni e solo il 37,2% guarda “molto” alla possibilità di trovare lavoro. Chiude il cerchio la percentuale bassa 27,1%) di coloro che confidano sulle esperienze lavorative fatte durante tutti gli studi grazie alla scuola. Annotano ad AstraRicerche: “La passione conta di più della remunerazione o della garanzia di lunga durata, si desidera sopratutto un lavoro coerente con le proprie inclinazioni”.