I dati dell’Istat lo confermano: nel nostro Paese cresce il divario tra (pochi) mega-ricchi e la massa della popolazione, sempre più precaria e sconnessa. Nel nostro presente ci sono povertà assoluta, fine della classe media, diseguaglianze sociali, economiche e di genere. Per cambiare rotta, spiega il Nobel in questa intervista a Vita, «dobbiamo far leva sul no profit»
Oggi, spiega il premio Nobel per l’Economia Joseph Stiglitz, l’Italia è «uno dei paesi con il più alto livello di diseguaglianze al mondo». Per una volta, gli Usa non sono tanto distanti da noi: «classe media spolpata, base della popolazione impoverita e l’1% della stessa popolazione che gode di extra profitti. Con i figli di questo 1% che si ritroveranno ricchi per mera “discendenza” »ed erediteranno un vantaggio competitivo che non farà che allungare la catena delle diseguaglianze. Qualcosa non torna, qualcosa non va, forse tutto.
Dal punto di vista teorico, è saltato un modello: quello della “teoria del gocciolamento”, ovvero l’idea che le diseguaglianze – di benessere, salute, reddito e di opportunità sociali – potessero in qualche modo essere mitigate dal fatto che i vantaggi ricevuti dalla popolazione più abbiente, sarebbero ricaduti sulle fasce più basse in termini di offerte di lavoro e via discorrendo. Al contrario, ci spiega Stiglitz, che abbiamo incontrato a margine dell’incontro sulla “jobless society“ organizzato da Adecco e Fondazione Feltrinelli, crescita degli ultimi decenni è andata a chi stava in cima, che si è preso tutto condividendo niente. Il salario minimo di un lavoratore è più basso di 40 anni fa», negli Usa come in Italia.