Dal famoso discorso di Bob Kennedy ( ” Il Pil misura tutto tranne ciò per cui val la pena di vivere”) in poi, schiere di economisti si sono cimentati nel tentativo di trovare indicatori del reddito nazionale che tengano conto anche della qualità oltre che della quantità di ricchezza prodotta. In Italia va in questa direzione il Bes ( Benessere equo sostenibile) un “termometro” inventato dall’ex presidente dell’Istat Enrico Giovannini per misurare una serie di indici di crescita socialmente equilibrata. E’ evidente infatti che produrre una certa quantità di ricchezza distruggendo l’ambiente e sacrificando vite umane non è la stessa cosa che produrla senza quelli “effetti collaterali”. Ma è possibile misurare un Prodotto interno che tenga conto della qualità della vita? Un passo in questa direzione l’ha fatto Confcommercio, che ha messo a punto un nuovo indicatore denominato “Pil equilibrato”. Letta con questo nuovo strumento, la deludente performance dell’economia italiana negli ultimi anni è stata leggermente meno negativa di quella evidenziata dal Pil tradizionale.
Ma come funziona questo misuratore? Il primo passo, spiegano dall’ufficio studi dell’organizzazione, è stato valutare il costo di tre fattori negativi legati all’attività economica: le emissioni di Co2, la mortalità per incidenti stradali e sul lavoro e la variazione della povertà assoluta. Il secondo ricalcoare il Pil al netto di questi costi, per poi confrontare i dati con gli altri paesi europei. La ricerca mette in luce come negli ultimi anni questo Pil “qualitativo” è diminuito in Italia di 4,4 punti, un po meno di quello ufficiale, che ha perso invece 5,7 punti. In pratica abbiamo recuperato 1,3 punti riducendo quindi il peso economico dei tre fattori negativi. La Spagna è il Paese che ha fatto meglio con un differenziale positivo di 1,9 punti, mentre la Germania si è fermata allo 0,8%.