Già 131 imprese hanno finanziato servizi utili, pagando ai loro dipendenti anche il tempo donato.
Ci sono quelli che impugnano un rastrello e vanno a ripulire un parco, come i dipendenti di Bureau Veritas a Milano. O quelli che si mettono un grembiule e servono alle mense dei poveri, come i lavoratori de L’Oréal divisi nel loro Citizen Day tra Opera Cardinal Ferrari, Fratelli di San Francesco e altro ancora. Ci sono i dipendenti di Leroy Merlin che nel giorno di “Bricolage del cuore” aggiustano aule scolastiche, panchine pubbliche, o insegnano lavoretti ai disabili. Ci sono quelli di Ubi Banca che passano un giorno scegliendo tra oltre 200 attività in trenta città d’Italia, con la banca che alla fine versa i loro stipendi di quel giorno alle onlus corrispondenti (130 mila euro l’anno scorso). O quelli di Syngenta o di Chep, giganti dell’agro business o dell’imballaggio riciclabile, che vanno a scaricare casse per il Banco alimentare. E molto altro: in totale (finora) 131 imprese grandi e piccole per un esercito di 17 801 volontari al servizio di 574 associazioni in 1952 progetti di volontariato realizzati.
Solo che qui non è il profit a muoversi. E’ proprio il profit. E lo fa sempre di più. Sono queste, infatti, alcune delle cifre di “Volontari per un giorno”, l’iniziativa nata per volontà di Kpmg e promossa da Fondazione Sodalitas che con Ciessevi e Un-Guru sta mettendo in rete le attività “socialmente utili” delle imprese italiane. In sintesi si tratta di questo: aziende che non solo destinano una parte del proprio profitto ad attività di servizio, ma che consentono ai propri dipendenti di dedicare parte del loro tempo-lavoro retribuito ad attività di volontariato.
Un pianeta in crescita ogni anno. Dallo scorso autunno www.volontariperungiorno.it è anche una piattaforma online pensata per promuovere nuove adesioni ma sopratutto per incrociare al meglio la domande e offerta di volontariato.