La nostra specie si caratterizza perché è capace di costruire e avere un orizzonte, di avere un mondo mappato con l’intelletto. Questo mondo non è un qualcosa di dato staticamente ma dinamicamente affidato alla nostra stessa costituzione umana: la capacità di narrare l’orizzonte.
A chi considera l’essere umano, anche solo dal punto di vista di una fenomenologia fisica – nella postura pienamente eretta che lo caratterizza e nella plasticità dello sguardo –, appare chiaro che ogni persona vive in relazione con un orizzonte: un orizzonte che accoglie e supera le realtà che via via in esso si presentano, come argomenta Paolo Pagani in “Appunti sulla specificità dell’essere umano”. Questa capacità di avere un orizzonte (e quindi, di avere un mondo) è ciò che classicamente si dice “intelletto”, e che può anche essere detto “apertura trascendentale”.
La nostra specie si caratterizza perché è capace di costruire e avere un orizzonte, di avere un mondo mappato con l’intelletto. Questo mondo non è un qualcosa di dato staticamente ma dinamicamente affidato alla nostra stessa costituzione umana: la capacità di narrare l’orizzonte. Questo elemento fa sì che a differenza di altri animali, la spiegazione dei nostri comportamenti non possa essere risolta con discipline come la biologia o l’etologia, mediante cioè delle leggi “statiche” e “fisse”. Quello che come specie abbiamo fatto, la trasformazione del mondo che abbiamo prodotto, la scomparsa di altre specie di viventi che abbiamo causato, tutto questo ha bisogno di una ulteriore ricerca di senso. La storia come racconto delle scelte fatte, la filosofia come ricerca di un perché razionale, l’etica come riflessione sul giusto e sul bene e la teologia come riflessione su cause e fini ultimi sono una serie di tentativi che, come uomini, abbiamo messo in atto per convivere con la nostra inquietudine. Siamo degli esseri che vedono e descrivono con desiderio infinito e capacità limitate, giungiamo, citando Leopardi, fino al punto che «da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude». È in questo orizzonte che va guardato e compreso il Messaggio del Santo Padre per la 58ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali che ha come titolo “Intelligenza artificiale e sapienza del cuore: per una comunicazione pienamente umana”.
La complessità del presente, l’essere in un contesto ipertecnologizzato, il fatto che il digitale e le intelligenze artificiali stiano cambiando il nostro rapporto con la parola, narrata o scritta, il fenomeno delle fake news e tutta la complessità della galassia digitale, ci impongono di percorrere una via che si faccia carico del linguaggio e della tecnologia come peculiari fenomeni dell’umano.