Il welfare piace e convince sempre di più anche le pmi inizialmente scettiche o diffidenti. Aumenta il numero delle piccole e medie imprese che investe in benessere: il 32,5% delle realtà che ha contratti integrativi, aziendali e territoriali, ha siglato accordi in tal senso. Cresce anche la propensione futura: il 52,7% prevede un incremento delle misure di welfare nei prossimi 2-3 anni mentre solo il 5,8% considera l’ipotesi di una contrazione. Accanto a ciò è interessante segnalare l’accresciuta consapevolezza di quanto investire sul benessere si rifletta sulla produttività dei dipendenti. Una percentuale di aziende che fra va fra il 35% e il 63,5% (rispetto al numero di misure proposte) ritiene di aver ottenuto un incremento produttivo.
Panoramica
Lo fotografano i dati dalla ricerca Welfare Index Pmi che in tre anni ha considerato circa 10 mila aziende di tutti i settori produttivi, da quelle con 10 addette fino a quelle con mille. «Si tratta di evidenze significative — commenta Marco Sesana, country manager e amministratore delegato di Generali Italia, società che ha promosso la ricerca, in partecipazione con Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato e Confprofessioni. I numeri dimostrano come il welfare si allontani sempre più dal concetto di filantropia diventando un investimento che impatta direttamente sui risultati aziendali. È la prova della “rotondità” della misura di cui beneficiano i lavoratori con una busta paga di fatto più pesante, l’azienda con il miglioramento della sua efficienza e lo Stato che indirettamente propone servizi e beni sempre più richiesti in momenti di contrazione della spesa pubblica». Il rapporto Welfare Index Pmi sottolinea quanto grazie all’offerta di servizi e beni di welfare le pmi abbiano saputo intercettare e soddisfare alcuni bisogni sociali emergenti. Tanto che le aree di intervento che sono cresciute di più sono la conciliazione vita e lavoro, il sostegno ai genitori, la sicurezza e la prevenzione così come la formazione, la previdenza integrativa, il sostegno a soggetti deboli, i servizi di assistenza e gli interventi di welfare territoriale.
Le imprese attive — quelle che hanno sviluppato iniziative in almeno quattro aree fra quelle considerate (assicurazioni, sicurezza e prevenzione, sostegno ai genitori, formazione, sanità, sostegno economico, previdenza, welfare di comunità, misure a sostegno di soggetti deboli, servizi di assistenza, cultura e tempo libero, istruzione figli) — sono passate dal 25,5% nel 2016 al 41,2% del 2018; quelle molto attive (intervenute su almeno in sei arie) sono raddoppiate e oggi sono il 14,3%.