La regola secondo cui l’unione fa la forza vale sempre, ma ci sono ambiti nei quali è particolarmente indispensabile. Quando si affrontano, per esempio, i problemi dei Paesi in via di sviluppo, appare del tutto evidente che le strategie dei diversi attori in campo hanno assoluta necessità di coordinamento e sinergie. Si pone così, in radice, il tema della cooperazione allo sviluppo, l’insieme delle pratiche che autorità pubbliche, organizzazioni internazionali, imprese e società civile pongono in atto per contrastare le grandi emergenze del nostro tempo, dalla povertà estrema alla malnutrizione, dall’analfabetismo alla salute. In questa sfida che, non a caso è al centro degli obiettivi del millennio, l’Italia ha sempre rivestito un ruolo di primo piano, pur potendo impregnare risorse limitate rispetto ai leader mondiali e pur presentandosi sul terreno con enti non profit e organizzazione non governative di taglia medio piccola.
Un punto di svolta è certamente stato il varo della legge n agosto 2014, n.125 di riforma della cooperazione che, tra le molte novità, in linea con le strategie internazionali, riconosce per la prima volta anche le imprese fra i soggetti protagonisti del sistema. Viene, così, favorito il ruolo del settore privato nella generazione di crescita e sviluppo sostenibile. E, proprio mentre all’interno del mondo delle imprese cresce la sensibilità intorno alla creazione di valore condiviso, anche la sfera non profit si va aprendo alle partnership con maggiore convinzione.
Ora la legge 125/14 ha reso molto più agevoli e interessanti le opportunità di partnership, ovviamente a condizione chele imprese aderiscano a standard internazionali comunemente riconosciuti in tema di responsabilità sociale, clausole ambientali e diritti umani.