La presente sintesi è stata redatta sulla base del testo concordato tra le tre Istituzioni europee (Parlamento, Consiflio e Commissione) il 21 giugno scorso e già approvato il 30 giugno scorso dal Consiglio europeo. Manca ancora l’approvazione definitiva del testo da parte del secondo co-legislatore, ovvero il Parlamento europeo, prevista per il 1°.7.2022, ma che non dovrebbe apportare alcuna novità o modificazione a tale testo.
1) Tecnica legislativa e nuova denominazione della rendicontazione
La nuova Direttiva (Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD) tecnicamente interviene emendando il testo della Direttiva n. 34/2013, la c.d. Direttiva contabile, nonché alcuni altri atti normativi europei (Direttiva e Regolamento sull’audit, la «Transparency Directive»).
La nuova Direttiva denomina questa forma di rendicontazione “reporting di sostenibilità” e non più “reporting non finanziario”. Scompare l’espressione «informazione non finanziaria».
2) Ambito di applicazione
La nuova Direttiva estende in misura molto significativa l’applicazione del reporting di sostenibilità a tutte le grandi imprese, banche e assicurazioni europee quotate o non quotate, nonché a tutte le società quotate, con la sola eccezione delle micro-quotate.
La soglia per definire «grande» un’impresa è quella fissata dalla Direttiva contabile n. 34/2013, ovvero di superare alla data del bilancio economico-finanziario due dei seguenti tre criteri:
€20 milioni di totale attivo;
€40 milioni di fatturato;
> 250 addetti medi annui.
Questa modificazione comporta che la nuova normativa riguarderà circa 49.000 imprese europee dalle circa 11.000 odierne (in Italia si passerà da circa 200 imprese che predispongono la DNF a circa 4-5.000).
I gruppi dovranno produrre un report di sostenibilità consolidato. Una sub-holding sarà esentata dal report di sostenibilità consolidato, se la sua controllante produce tale documento secondo le regole e gli standard europei o giudicati equivalenti a questi ultimi da parte della Commissione europea.
Le filiali di gruppi non europei che operano nella UE saranno assoggettate alle prescrizioni della nuova Direttiva se realizzano nel territorio europeo un fatturato superiore ai €150 milioni annui. Avranno degli standard europei dedicati per il loro reporting di sostenibilità.
3) PMI e principio di proporzionalità
Verranno emanati degli standard europei di reporting differenziati e semplificati per le PMI quotate.
Alle PMI della catena di fornitura potranno essere richieste informazioni di sostenibilità dall’azienda capo-filiera se ragionevoli, e comunque tali richieste devono essere coerenti con gli standard di reporting semplificati per le PMI. La Direttiva prevede che se per 3 anni l’impresa assoggettata all’obbligo di rendicontazione di sostenibilità non riesce ad ottenere informazioni dalla catena di fornitura, essa dovrà spiegare a) gli sforzi compiuti, b) perché non è stato possibile ottenere le informazioni, e c) i piani con cui prevede di ottenere tali informazioni in futuro.
Le nuove regole sul reporting di sostenibilità potranno applicarsi in modo volontario anche alle PMI non quotate. I Governi degli Stati membri sono invitati a studiare l’impatto dell’applicazione dei nuovi standard sulle PMI nazionali e a predisporre incentivi e aiuti per favorire questo passaggio.