Le drammatiche vicende dell’invasione russa dell’Ucraina hanno determinato un brusco risveglio dell’opinione pubblica europea portando in casa nostra guerre prima lontane e rendendoci consapevoli che la pace non è mai da considerare acquisita ma è piuttosto un percorso e un processo da conquistare faticosamente ogni giorno. Ma come? Innanzitutto, condividendo risorse.
Viene ricordato spesso anche su queste colonne che il più straordinario processo di pace della storia moderna è stato proprio quello che ha condotto alla progressiva integrazione dei Paesi dell’Europa Occidentale, un processo iniziato dopo secoli di guerre sanguinose con la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio. Sotto la spinta di leader illuminati di ispirazione cristiana (Adenauer, De Gasperi, Schumann) la prima e più strategica decisione che ha avviato il percorso è stata quella di decidere di non combattere più per il controllo di risorse strategiche per lo sviluppo dei Paesi, ma di metterle in comune. Quel percorso deve oggi trarre nuovo slancio se non vogliamo fare passi indietro al nostro interno, superando la contrapposizione tra cicale e formiche, e imparando la lezione della risposta alla pandemia dove l’Unione Europea ha affrontato il momento economico più difficile dal secondo dopoguerra novecentesco riuscendo finalmente a fare squadra e constatando come in questo modo le sue risorse e capacità d’impatto si sono moltiplicate (uno ‘con’ uno, non ci stanchiamo mai di ripeterlo, fa sempre tre).