Dalla crisi economica alla crisi dell’economia? C’è il rischio che l’ultima grande recessione abbia fatto una vittima illustre, condannando le scienze economiche all’irrilevanza?
No, a patto che le nuove teorie ci insegnino a produrre benessere e sviluppo e non solo crescita e profitti che soprattutto di questo benessere ne benefici l’intera comunità e non una sempre più piccola élite favorita da diseguaglianze che mettono a rischio anche la democrazia.
Queste teorie devono essere capaci di coniugare competizione e cooperazione, con un approccio olistico che metta alla base del nuovo homo oeconomicus il rovesciamento del vecchio concetto dell’« homo homini lupus» nel suo opposto l’«homo homini natura amicus » difeso dallo studioso che nel Settecento fu chiamato per primo a insegnare le scienze economiche con una apposita cattedra e cioè l’italiano Antonio Genovesi, che tra i cioè l’italiano Antonio Genovesi, che tra i suoi discepoli aveva Adam Smith.
A sostenerlo con varie sfumature sono gli economisti – Leonardo Becchetti, Marcello Messori e Stefano Zamagni – che il 14 marzo sono stati invitati dalla Luiss di Roma in un incontro dal titolo evocativo.