Il 40% delle società italiane dichiara di aver investito per integrare le buone pratiche eco nelle strategie interne. Riscuote buon successo il programma nazionale sull’impronta ambientale. Il ministero lo impiega per certificare le imprese.
Nel mondo la sostenibilità è entrata a far parte delle strategie aziendali. L’italia non fa eccezione, seppur con cifre ancora inferiori alla media. A certificarlo è lo studio “Seize the change” – condotto dall’ente di certificazione Dnv GL e da EY, con il supporto di GFK Eurisko – che parla di almeno 10 punti percentuali in meno rispetto ai nostri diretti concorrenti a livello globale.
Tuttavia, il concetto di sostenibilità è iniziato a farsi largo anche da noi, non a caso il 40% delle aziende italiane, cioè 1 su 2, dichiara di aver investito e di continuare a farlo in iniziative per l’integrazione della sostenibilità nel core business. In vetta alla classifica delle azioni intraprese figurano le politiche di mitigazione degli impatti (35%), le attività per la diffusione della cultura della sostenibilità (29%) e lo stakeholder engagment (19%).
La maggior parte delle aziende che ha intrapreso iniziative dedicate, osserva lo studio, ne ha tratto un beneficio in termini di compliance normativa (30%), ma anche di valorizzazione della reputazione di marca e di miglioramento delle relazioni con i clienti (entrambi veri per 1 impresa su 59). Ciò che è altrettanto vero, puntualizza ancora lo studio, è che i benefici superano di gran lunga i costi per il 40%. Che il vento sia cambiato in Italia, lo dimostra anche il buon feedback ottenuto dal programma nazionale sull’impronta ambientale lanciato sei anni fa come progetto pilota dal ministero dell’ambiente. Programma implementato con due bandi pubblici di un importo complessivo di 6,4 milioni di euro, 1,6 nel 2012 e 4,8 nel 2013, a cui hanno partecipato (previa selezione) rispettivamente 22 e 95 aziende. Obiettivo: incentivare gli investimenti per la sostenibilità nei diversi settori produttivi.