«Molto tempo dopo, Edipo, vecchio e cieco, camminava lungo la strada. Avvertì un odore familiare. Era la Sfinge. Edipo disse: “Voglio farti una domanda. Perché non ho riconosciuto mia madre?”. “Hai dato la risposta sbagliata”, disse la Sfinge. “Ma questo era ciò che ha reso tutto possibile”, rispose Edipo. “No”, disse. “Quando ti chiesi: “Cosa cammina a quattro zampe al mattino? due a mezzogiorno e tre la sera, tu hai risposto, L’uomo. Non hai detto niente sulla donna”. “Quando dici Uomo”, disse Edipo, “includi anche le donne. Lo sanno tutti”. La Sfinge rispose: “Questo è quello che tu pensi”» (”Mito”, Muriel Rukeyser).
Dire uomo, in questo periodo di pandemia, e nei mesi o anni che seguiranno all’emergenza sanitaria, non include anche le donne. Anzi, è proprio il contrario, si tende a non vederle e a escluderle. Da una parte chiunque vive questi mesi tremendi con una donna, magari madre di figli in età scolare e magari in smart working, ha visto di più rispetto ai tempi ordinari il peso enorme, a volte insostenibile che le è caduto sulle spalle – ce lo dimenticheremo presto? Meno vediamo però che gli effetti della pandemia sono e saranno diversi e più pesanti per le donne.
Sul piano economico e sociale si aggraveranno le disuguaglianze tra uomini e donne, ed è in aumento il tempo per colmare il gender gap: erano “solo” 208 anni nel 2018, e sono diventati 257 prima della pandemia, a inizio 2020 e ora aumenteranno ancora. Le donne, in proporzione maggiore degli uomini lavorano in settori informali, con meno protezioni, ma anche nei settori più colpiti a livello economico: turismo, ospitalità e ristorazione.
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