Lo smartworking ha ricoperto un ruolo fondamentale nel periodo del lockdown ed è al centro del dibattito dell’opinione pubblica, proprio perché può assumere un ruolo potenzialmente straordinario «per conciliare aumenti di produttività, capacità di conciliare vita di lavoro e di relazioni di cura e sostenibilità ambientale». Lo sostiene Leonardo Becchetti su Avvenire, rimarcando però che «ci sono molti ostacoli perché questo potenziale si realizzi e le scelte di policy dei prossimi temi dovranno cercare di rimuoverli».
«Ridurre gli incontri del primo tipo può deteriorare la qualità delle relazioni e l’identità aziendale o di gruppo. Diseguaglianze nell’accesso a connessione di qualità, nel comfort dell’abitazione non rendono lo smart working uguale per tutti. C’è poi il rischio di non riuscire a separare il tempo del lavoro da quello del riposo o per motivi di autocontrollo personale o perché il superiore non rispetta i tempi del lavoratore. E ci sono ovviamente tipi di lavoro che richiedono la presenza fisica dove tutto questo non si applica o si applica in misura minore».
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