di Enzo Riboni.
Il 40% degli italiani pronto a rifiutare salti di stipendio in cambio di orari e uffici flessibili
C’è stato chi come Brenda Barnes, ex Ceo di Sara Lee, ne negava la necessità, salvo poi subirne le conseguenze. Aveva affermato che il worklife balance, l’esigenza di equilibrare lavoro e vita familiare, «non esiste». Poco dopo, però, causa lo stress da superlavoro, svenne e si ammalò. «Il worklife balance sosteneva la possibilità di gestire in modo autonomo l’equilibrio vita-lavoro, mentre oggi il concetto è ribaltato: il dovere del bilanciamento compete direttamente alle aziende», commenta Stefano Giorgetti, amministratore delegato e vice president di Kelly Services.
Un’inversione che la multinazionale della consulenza per le risorse umane ha etichettato come «worklife design», cioè il progetto che devono seguire le aziende per accaparrarsi i migliori talenti e renderli più fedeli e produttivi. Secondo Kelly sono proprio i lavoratori a chiedere questa inversione di tendenza. Lo dice la sua maxi indagine che ha intervistato 164 mila lavoratori in 28 Paesi (4 mila in Italia). «E proprio da casa nostra arriva un dato esplosivo, – sostiene Giorgetti – una fetta consistente di italiani, nettamente superiore alla media europea, non è più stipendiocentrica». Il 40% dei lavoratori nostrani, infatti, contro il 32% dei colleghi europei, è disposto a rinunciare a un aumento di stipendio in cambio di maggiore flessibilità: personalizzazione degli orari di lavoro, più permessi anche non retribuiti, lavoro da remoto in videoconferenza o con tablet e smartphone.
Esplora il significato del termine: Il fatto è che mentre ieri i lavoratori ritenevano parametri del successo le retribuzioni e le responsabilità crescenti, ora sempre più persone vogliono lavori che consentano sia le aspirazioni professionali che quelle private. Il fatto è che mentre ieri i lavoratori ritenevano parametri del successo le retribuzioni e le responsabilità crescenti, ora sempre più persone vogliono lavori che consentano sia le aspirazioni professionali che quelle private.
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