Fino ad ora le «imprese sociali» erano, in termini giuridici quelle «ex lege» 112/17 (circa 13.500 e identificabili prevalentemente nelle cooperative sociali e con un valore di produzione di circa 10.5 miliardi di euro), ma anche, in termini colloquiali, le circa 340.000 organizzazioni del Terzo settore (associazioni, fondazioni, comitati ecc.).
I colleghi Paolo Venturi e Flaviano Zandonai avevano quantificato in circa 62.000 le imprese profit operative nei settori «sociali» (sanità,assistenza sociale,cultura..) e sono in continuo aumento.
Credo però si debbano assumere decisioni operative per coinvolgere i 4.2 milioni di imprese italiane a sviluppare la loro responsabilità sociale e di welfare. Infatti l’approccio giuridico nella realtà è superato dal valore sociale che una parte delle aziende profit hanno posto nella loro formula imprenditoriale per avere successo di business. Esso è sempre più collegato con il valore aggiunto sociale percepito dai consumatori e dalla comunità.
La governance d’impresa deve presidiare alcune attività di tutela su: ambiente, corrette pratiche gestionali, attenzione ai consumatori; coinvolgimento e sviluppo della comunità, diritti umani, rapporti e condizioni di lavoro. Tutto questo ragionamento può e deve coinvolgere circa 4.246.500 imprese profit con addetti che variano da qualche unità a 250.
Ad integrazione dobbiamo aggiungere le «società benefit» che hanno uno sviluppo costante, seppure lento, e fanno riferimento al ad una normativa specifica.