Passi avanti ne sono stati fatti, «ma molto resta da fare», ha detto la ministra tedesca Katarina Barley concludendo il primo G7 dedicato alle pari opportunità dai «grandi» del mondo che si è svolto a Taormina la settimana scorsa. E, in effetti, su questo tema a livello globale ci si comporta come chi ha una montagna di denaro e lo investe su due strumenti che danno lo stesso rendimento. Solo che di uno ritira la plusvalenza e dell’altro no, la «dimentica». Non esattamente un comportamento comprensibile. Eppure è ciò che succede quando si parla di donne.
La ricerca
Nell’ultima analisi sfornata da McKinsey (Women Matter Report) si dice che le donne «sono uno dei più grandi bacini di forza lavoro non sfruttata»: nel mondo del lavoro vi sono circa 655 milioni di donne in meno rispetto agli uomini. E non perché siano in numero inferiore nel totale della popolazione, visto che sono invece un po’ più della metà. E nemmeno perché non studino, anzi le donne costituiscono oltre il 50% dei laureati, ma solo il 25% di loro occupa posizioni manageriali (ecco l’investimento in istruzione non sfruttato). Questo finisce per far sì che le donne generino il 37% del Pil mondiale anche se sono il 50% della popolazione in età lavorativa. Non tutte le regioni sono uguali. La quota di Pil lordo per macro-aree generata dalle donne è pari a solo al 17% in India, 18% in Medio Oriente e Nord Africa, 24% in Asia meridionale (esclusa l’India) e 38% nell’Europa occidentale. In Nord America e Oceania, Cina, Europa orientale e Asia centrale, la quota è del 40-41%.
McKinsey ribadisce che, se tutti i Paesi, nelle rispettive regioni, dovessero progredire rapidamente verso la parità di genere della forza lavoro, entro il 2025 si potrebbero aggiungere fino a 12mila miliardi di dollari (poco più di 10mila miliardi di euro) alla crescita annuale del Pil, ovvero l’11% del Pil mondiale entro il 2025. Sarebbero ulteriori 2.100 miliardi di dollari (circa 1.800 miliardi euro) per il Pil dell’Europa occidentale entro il 2025, 3.100 miliardi in Nord America e Oceania e 2.500 miliardi (2.100 in euro) in Cina.