L’entrata in vigore del decreto legislativo 254/16, che introduce anche nel nostro Paese l’obbligo del reporting non finanziario nell’ambito dell’informativa societaria, sta determinando una nuova centralità degli aspetti Esg (ambientali, sociali e di governance) nelle strategie di grandi imprese e gruppi. Anche se la platea dei soggetti obbligati alla rendicontazione è ristretta,il passaggio dalle pratiche volontarie agli standard vincolanti assume un significato rilevante. «E’ un salto prima ancora politico più che tecnico – osserva Stefano Zambon, segretario generale del Nib, il Network italiano sul business reporting, che in materia promuoverà un confronto pubblico il 10 marzo prossimo, nella sede di Assolombarda a Milano. La scommessa è quella di creare una concreta sensibilizzazione intorno agli impatti socio-ambientali dell’attività d’impresa. Non a caso la legge parla di informazioni di carattere non finanziario, per la prima volta definite in quanto tali. I dati esistevano in parte già nella relazione sulla gestione, ma non erano disciplinati come un insieme a se stante. La definizione esplicita implica un riconoscimento del ruolo sempre più centrale che questo genere di contenuti veste nella rappresentazione del valore dell’impresa».
«La nuova legge segna un passo avanti culturale molto importante – conferma Roberto Orsi, direttore dell’Osservatorio Socialis di Roma,che ha seguito fin dalle prime battute l’iter di recepimento della direttiva comunitaria sul reporting non finanziario .Per le società interessate l’obbligo di pubblicare queste informazioni significa solo dover fare di più, o meglio, rispetto a quanto già si stava facendo. Secondo le nostre rilevazioni il 25% di queste imprese è già molto avanti e per il restante 75% c’è tutto il 2017 per adeguarsi, il che vuol dire far crescere la cultura della Csr al proprio interno, coinvolgere il personale, migliorare le performance sociali e imparare a comunicare ciò che si fa. Ma la vera sfida è quella di contaminare anche la ben più vasta platea delle Pmi”.
Quanto può essere realistico immaginare un effetto trascinamento, peraltro contemplato dal decreto legislativo 254/16 all’articolo 7, specificamente dedicato alle eventuali dichiarazioni volontarie conformi? Per Zambon “il contagio verso società non quotate e Pmi è tutto da dimostrare e, con ogni probabilità, sarà legato anche all’evoluzione di altre normative e best practices, per esempio in materia di public procurement, certificazioni di filiera, rating etico e reputazionale”.