In un quadro economico in cui la capacità di creare nuova occupazione è diventata priorità assoluta, il binomio servizio civile-cooperazione sociale si sta rivelando uno strumento affidabile ed efficace. Secondo dati rilasciati pochi giorni fa da Confcooperative, dei 14mila giovani che hanno prestato servizio civile nell’ambito della cooperazione sociale oltre un terzo hanno trovato subito dopo, o comunque entro un anno, un lavoro a tempo indeterminato. E a migliorare le prospettive di questa modalità di inserimento lavorativo contribuiscono, ora, due potenti fattori di innovazione: da un lato, l’introduzione del Servizio civile universale, entrato in vigore con l’approvazione del decreto legislativo d’attuazione della norma della riforma del Terzo settore; dall’altro, il rafforzamento dell’impresa sociale, come dovrebbe risultare dal relativo Dlgs d’attuazione della stessa riforma, atteso al massimo entro giugno.
Quali ragioni strutturali hanno consentito alla cooperazione sociale di confermarsi fucina di occupazione pur in un contesto di pesante crisi economia’ per Giuseppe Guerini, presidente di federsolidarietà-Confcooperative, “i buoni risultati sul fronte dell’inserimento lavorativo, confermati da molte ricerche e da fonti diverse, si devono principalmente a due fattori. Da un lato, occorre ricordare che le cooperative rappresentano la traduzione in forma giuridica di un diverso modo di fare impresa, capace di portare maggiore equilibrio tra capitale e lavoro. Dall’altro, le cooperative sociali operano in settori innovativi come welfare, cultura, educazione, tutela dell’ambiente. Settori nei quali cresce la domanda, perché crescono i bisogni delle persone. La combinazione di questi due elementi può spiegare la capacità di generare nuovi posti di lavoro”.