È un mondo ancora per maschi, quello lavorativo in Italia. L’ultima indagine dell’Istat sui differenziali retributivi, riferita ai dati del 2014, racconta di un Paese in cui gli uomini percepiscono 1,8 euro all’ora in più rispetto alle donne nel settore privato. A conti fatti, le donne dovrebbero lavorare un mese in più per avere uno stipendio annuale pari a quello maschile. Se prendiamo in considerazione un salario medio, la differenza è di circa 3 mila euro all’anno: questo significa che un uomo riesce a pagare sei mensilità di un asilo privato in più rispetto a una donna, o a regalarsi in agosto un viaggio di due settimane per una persona sull’isola di Mahe, alle Seychelles, soggiornando in un albergo a quattro stelle (fonte Expedia).
«Il problema è noto ed è una questione di numeri», commentano dall’Ufficio Parità e Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, «dovuta principalmente ad una sorta di segregazione delle donne nei settori in cui la percentuale variabile della retribuzione è inferiore, come ad esempio il settore pubblico». Secondo l’Istat, infatti, 62 dipendenti pubblici su 100 sono donne, contro i 38 nel privato.
Lo studio, tra i più approfonditi a livello europeo, ha lo scopo di valutare il gender pay gap in Italia (GPG), definito dal centro nazionale di statistica come «la differenza percentuale tra la retribuzione oraria di maschi e femmine rapportata a quella dei maschi». Il GPG totale, che non si calcola con una semplice media tra i settori pubblico e privato, è del 6,1% a favore dei maschi: tra i più bassi in Europa, tuttavia in rialzo rispetto al 5,3% registrato nel 2010.
I dati vanno però interpretati al netto del numero di dipendenti per genere. Con un’equa distribuzione di donne e uomini (50 per cento) avremmo risultati certamente diversi. «La nostra priorità è portare sempre più donne nel mondo del lavoro, soprattutto nei settori in cui sono ancora pochissime; allora sì che si potrà valutare il differenziale retributivo con maggiore efficacia», afferma Monica Parrella, direttrice dell’Ufficio per gli interventi in materia di parità e pari opportunità della Presidenza del Consiglio.