Uno dei banchi di prova decisivi nell’attuazione della riforma del Terzo settore sarà la capacità di dare slancio alla formula dell’impresa sociale che, nei primi dieci anni di vita, è rimasta sostanzialmente in panchina mentre si giocavano le diverse partite dell’economia non profit.
Il surplace dell’impresa sociale propriamente detta (solo 1300 organizzazioni iscritte nelle apposite sezioni dei registri camerali), determinato principalmente dai vuoti del decreto legislativo 155/2006, non ha impedito infatti al non profit produttivo, trainato soprattutto dalla cooperazione sociale, di far segnare i maggiori tassi di crescita e l’impatto più rilevante rispetto ai bisogni sociali emergenti.
Ciò significa che, senza nulla togliere all’importanza e al peso dell’associazionismo di volontariato e, più in generale, al non profit redistributivo, il Terzo settore non può prescindere da una rinnovata accelerazione delle imprese a vocazione sociale.