La forma giuridica Società Benefit, introdotta nel 2016 nell’ordinamento italiano e della quale ha già parlato Piergaetano Marchetti nel numero del 31 luglio, è lo strumento che porta l’impresa capitalistica nell’era del business consapevole e genera processi di innovazione gestionale. Sono questi gli inediti risultati di una survey su 67 imprese familiari realizzata dal Centro sull’Imprenditorialità e le Aziende Familiari (CEFab) di CUOA Business School.
Essere Società Benefit non è un vezzo estetico: vuol dire scrivere nello statuto che l’impresa integra lo scopo della divisione degli utili per i soci (lucky few) con l’impegno a perseguire benefici comuni per una più ampia platea di stakeholder (happy many). Si potrebbe pensare che la maggior parte delle imprese familiari italiane onora questo impegno motu proprio e che non serviva scomodare il legislatore per avere un’altra forma giuridica. In realtà, le cose sono diverse.
La ricerca CEFabci dice che la trasformazione in Società Benefit è un percorso di apprendimento, che porta a politiche evolute per limitare l’impatto ambientale, ed è lo strumento per managerializzare le pratiche di impatto sociale.
Partiamo dalle strategie di sostenibilità.