di Francesco Prisco.
Senza creatività perderemmo il 17% del valore aggiunto del Paese, una cifra monstre che si aggira intorno ai 249,8 miliardi.
Se c’è qualcuno che è ancora convinto che con la cultura non si mangia, avrà da ricredersi leggendo l’edizione 2016 di “Io sono cultura – L’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi”, rapporto annuale curato dalla Fondazione Symbola e Unioncamere, studio che quantifica il peso della cultura e della creatività nell’economia nazionale.
I dati dimostrano con estrema forza che la cultura è uno dei motori primari della nostra economia e della ripresa che inizia a mostrare i primi segnali, un sostegno strategico alla competitività del made in Italy. Particolarità di questo studio è il fatto che scandaglia il sistema produttivo culturale e creativo nel senso più esteso dell’espressione.
Si parte da musei, gallerie, festival, beni culturali, letteratura, cinema, performing arts, architettura, design e comunicazione, fino a contemplare tutte quelle attività produttive che non rappresentano in sé un bene culturale, ma che dalla cultura traggono linfa creativa e competitività che nel testo vengono definite creative-driven.