Il Consiglio Ue ha sancito un progresso storico, rafforzando l’orientamento delle politiche verso la sostenibilità. Ma per usare bene i fondi del Next generation Eu l’Italia deve cambiare modo di disegnare le politiche.
L’accordo raggiunto il 20 luglio dal Consiglio europeo sull’insieme dei fondi per reagire alla pandemia e sul bilancio dell’Unione per il prossimo settennato rappresenta un evento storico, che apre nuovi scenari per una più forte integrazione. A parte la grande disponibilità di fondi, che cancella l’immagine di una Europa capace solo di soffocare gli Stati più deboli con le sue richieste di austerità, quali sono gli elementi essenziali che rendono “storico” questo accordo? Come ha detto l’ex capo del governo ed ex presidente della Commissione Ue Romano Prodi, in una intervista a Radio popolare:
Sì, una svolta decisiva. Io ritengo che sia la seconda fase dell’Europa, quella più faticosa di una costruzione istituzionale. La prima è stata l’Euro, la seconda è questa perché mette attorno all’Euro una struttura di difesa e fa finalmente una politica economica che accompagna la moneta comune.
Finora, infatti, l’Europa poteva contare principalmente su strumenti monetari, come il quantitative easing, ma mancava una politica di bilancio comune, sostenuta da strumenti finanziari comuni. Ora, il Consiglio ha deciso di emettere eurobond per finanziare i prestiti e i sussidi ai Paesi più colpiti dalla pandemia e di creare un fisco europeo: si comincerà con una plastic tax nel 2021, con l’impegno a valutare l’imposizione dal 2023 di una tassa sulle emissioni di carbonio per i prodotti importati, unitamente alla web tax per smantellare le posizioni di privilegio delle grandi corporation basate sulla rete, che raccolgono fondi in Europa pagando imposte irrisorie. Si torna anche a parlare di una Tobin tax, un prelievo comunitario su tutte le transazioni finanziarie.