ll Palazzo di Vetro sembra veramente lontano da uffici, fabbriche, call center o piantagioni dove si produce il Pil mondiale. Magari partecipare all’Assemblea generale dell’Onu (la cui 72° sessione si apre oggi) soddisfa l’ego di qualche capo azienda in cerca di visibilità internazionale, ma certo piccoli e medi imprenditori che “tirano la carretta” della globalizzazione hanno ben altro da fare che sapere cosa ne pensa Miroslav Lajcák, presidente di Unga72 (72° sessione dell’United Nations General Assembly), sul tema di quest’anno: «Focus sulle persone: l’impegno per la pace e per una vita dignitosa per tutti in un mondo sostenibile».
Sarebbe un errore crederlo, perché le discussioni newyorkesi sulla global governance servono a costruire consenso politico e il mandato per negoziati che magari dureranno anni (e spesso si tengono altrove, in particolare all’Ocse), ma che un giorno potrebbero diventare poi trattati, convenzioni, leggi, linee guida e standard che la business community deve rispettare sul campo. Altrettanto ingenuo sarebbe considerare questo complesso di regole come la prova che politici e funzionari internazionali non hanno di meglio da fare che rendere più complicata la vita degli imprenditori. La globalizzazione in cui ormai tutte le imprese italiane sono immerse, indipendentemente da dimensione e specifico settore d’attività, ha bisogno di regole condivise per funzionare. Servono a difendere i “pesci” più piccoli che altrimenti sarebbero vittime dei pescecani del Big Business, magari cinesi, così come a legittimare il capitalismo di fronte a un’opinione pubblica che teme che essa perpetui e moltiplichi abusi (su lavoratori, consumatori e sull’ambiente) e diseguaglianze. Partecipare alla definizione di queste regole è allora fondamentale per le imprese, e un buon punto di partenza è sapere quali sono le problematiche sul tavolo dell’Assemblea generale dell’Onu (oltre ovviamente ai temi più squisitamente politici dettati dalla congiuntura internazionale).