Italia in ultima fila tra i Paesi avanzati per la «crescita inclusiva», cioè capace di ridurre le disparità di reddito e favorire l’inclusione sociale, oltre a rafforzare l’economia. In base a un rapporto del World Economic Forum, la Penisola è 27esima sui 30 principali Paesi industrializzati per l’”Inclusive Development Index”. Nel plotone di coda ci sono, peraltro, anche il Regno Unito (21esimo), gli Usa (23esimi) e il Giappone (24esimo). Al primo posto svetta la Norvegia, davanti a Lussemburgo, Svizzera, Islanda, Danimarca e Svezia.
L’Austria è decima, la Germania tredicesima e la Francia 18esima. Nell’insieme il quadro è negativo per i big industrializzati: il Wef calcola che tra il 2008 e il 2013 il reddito mediano sia calato del 2,4% mediano, pari a 284 dollari pro capite, nei Paesi avanzati.
Hanno fatto decisamente meglio i Paesi emergenti con un aumento del reddito mediano del 10%, pari a 164 dollari. Lo studio – diffuso alla vigilia del summit di Davos – prende in considerazione 15 indicatori di performance, che riguardano vari aspetti del contesto e della vita economico-sociale di un Paese e l’Italia se la cava solo in tre: i salari (nona), l’accesso all’istruzione (14esima) e, tra alti e bassi, anche nelle disposizioni fiscali (19esima). La Penisola è 29esima, cioè penultima, in ben 5 indicatori: l’occupazione produttiva, l’inclusione finanziaria, la proprietà di case e asset finanziari, l’etica politica e delle imprese (ovvero, la corruzione) e le infrastrutture digitali.